La scarsità di fondi è un grosso problema per la ricerca italiana, nessuno lo nega. Il nostro Paese investe in R&S l’1,27% del Pil (dati 2015), gli Usa il 2,76%, la Germania il 2,92%. Ma è solo un problema di fondi? Non secondo Giuseppe Macino, docente di biologia cellulare alla Sapienza: «Non facciamo il bene della ricerca dicendo che siamo tutti bravi. I parametri dell’Anvur (l’agenzia di valutazione italiana per la ricerca, ndr) sono stati abbassati perché, per come erano stati fissati, promuovevano non più del 10% degli esaminati. Abbiamo laboratori antiquati, certo, ma anche personale vecchio e non sempre capace».
«Io ho 70 anni», continua Macino, «se fosse in un altro Paese lei starebbe intervistando non me, ma un uomo di 40 anni». La genetica, il campo in cui opera Macino, è il settore in cui il governo ha deciso di investire con un piano simile a quello adottato per altri settori di ricerca 14 anni fa. Nel 2003, per volontà dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti, nasceva a Genova l’Istituto italiano di tecnologia (Iit) con l’obiettivo di installare nel nostro Paese un centro di eccellenza nei settori della robotica, nuovi materiali, biomedicina, neuroscienze.
Un progetto che oggi si vuole replicare a Milano, negli spazi dell’Expo, con Human Technopole (Ht), questa volta con un focus su genetica e big data. I primi ricercatori arriveranno entro fine anno, a regime le persone impiegate saranno 1.500. Finanziato dal ministero dell’Economia con circa 100 milioni l’anno (all’incirca la stessa cifra che andrà a Ht), l’Iit è oggi considerato dall’Anvur l’eccellenza italiana in tutti i settori dove opera, la rivista Nature lo ha inserito tra i 25 migliori centri su 500 con meno di vent’anni di vita. Il 45% dei ricercatori è straniero, una capacità di attrazione mai vista in Italia.
Eppure nessun progetto è stato tanto criticato dall’accademia: troppi soldi e spesi male, senza controlli, sostiene un ampio schieramento che ha tra le sue esponenti di punta la senatrice a vita Elena Cattaneo. Ultimo capitolo di una lunga querelle: l’Iit dovrà rinunciare a circa 200 milioni euro di 427 accantonati in Banca d’Italia e inutilizzati negli anni scorsi. Secondo l’Iit servivano per lo sviluppo futuro, secondo i suoi detrattori questo deposito è uno schiaffo alla ricerca italiana, costretta a contare i centesimi…
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[Foto in apertura di Alberto Cristofari / A3 / Contrasto]
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